Auto Bianchi
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La Bianchi fin dalle origini
Quando comunemente si dice ".... è nato con il bernoccolo della meccanica" ci si immagina un individuo che è abbastanza portato per questa disciplina. Ma cosa si dovrebbe dire del signor Edoardo Bianchi, milanese puro sangue?
Per lui tutto ciò che aveva un ingranaggio ed un funzionamento era sacro ed era un cromosomo che spaziava liberamente nel suo corpo.
Bicilette, motociclette, automobili, scooter, ciclomotori, barche, carrozzelle per invalidi, ... finanche campanelli e ferric chirurgici di alta precisione erano il suo "credo".
A sette anni viene accolto al "Martinitt" ove apprende i rudimenti della disciplina ed affina il suo innato amore per la meccanica.
Si debbono a lui le prime biciclette (o meglio "il bicicletto") nella forma che oggi noi conosciamo. La sua prima realizzazione fu la trasformazione del Velocipede cui invertì le ruote (la grande dietro e la piccola avanti). Ma i risultati di stabilità non erano ottimali ... per cui creò per primo un mezzo con due ruote uguali.
Fu il primo ad utilizzare la catena per la trasmissione.
Le sue prime realizzazioni avevano ruote in gomma piena che non era il top della morbidezza ... sui selciati sconnessi dell'epoca per cui per primo montò quella strana invenzione di mister Dunlop, la gomma pneumatica.
Dalla sua officinetta artigianale vennero fuori una serie di biciletti robusti e molto accuratamente costruiti che ogni giorno godevano di aggiornamenti e migliorie.
Intanto la gente cominciava ad interessarsi molto al nuovo mezzo per cui si dovette presto cambiare officina per soddisfare le richieste.
Edoardo Bianchi, che aveva ricevuto riconoscinmenti sia ad esposizioni internazionali che nelle corse di biciclette in Italia ed in Europa, fu invitato finanche dalla Casa Reale per fare da istruttore alla Regina Margherita, nel parco reale di Monza.
In quella occasione studiò un telaio che consentisse alla Regina di cavalcare il biciclo ed ideò ... la bicicletta da donna.
In seguito venne autorizzato a fregiarsi del titolo di "Fornitore della Real Casa".
Dopo di Lei vollero imparare le Dame di Corte, le nobili di tutta Italia, la Regina di Napoli, le Duchesse di Genova e d'Aosta e finanche la Principessa del Portogallo.
Un bel giorno Edoardo decise che pedalare era utile per la salute, ma poteva anche risultare faticoso, per cui pensò di alleviare l'umanità dallo sforzo della pedalata ed applicò un motore De Dion ad un triciclo e fu così il primo italiano che viaggiò senza l'ausilio dei ... muscoli.
Tuttavia quel primo collaudo costò al giovane Edoardo una serie di bruciature alle mani causate da un principio di incendio al triciclo.
Avendo capito che il futuro dell'azienda doveva assolutamente passare attraverso le nuove tecnologie, nel 1900 diede molto rilievo al triciclo nel proprio catalogo che montando un motore De Dion-Bouton da 2.25 HP raggiungeva i 35 km/h.
Qui il suo genio meccanico dimostrò di avere anche ... un fratellino chiamato "genio commerciale" e dotò il suo triciclo di tutta una serie di accessori acquistabili a parte quale un avantreno per farne un quadriciclo, adottò le prime forme di sospensione nei telai, utilizzò il rocchetto Rumhkorff, la possibilità di avere un terzo posto per un'altro passeggero, addirittura un carrozzino attaccato posteriromente per il passeggero o per bagagli.
Il 1901 vide la nascita della prima motocicletta (o meglio bicicletta a motore) avendo applicato ad un bicicletto un motore De Dion da 1.3/4 HP che la faceva viaggiare ad una velocità variabile da 10 a 45 km/h.
La cosa però passò alquanto inosservata dal momento che il periodo storico era alquanto travagliato e la crisi politica si faceva sentire.
Nel 1902 apparve il primo veicolo interamente costruito dalla Casa (anche il motore).
Ben sei modelli di vettura con potenze che oscillavano tra i 4.5 ed 12 HP e che potevano utilizzare motori monocilindrici Aster o De Dion oppure addirittura Bianchi!
Elegantissime le carrozzerie realizzate con fogli di alluminio e legni pregiati che poggiavano su un robusto telaio in tubo di acciaio. Molto interessante il secondo telaio che, contenendo le parti meccaniche, le proteggeva da eventuali urti.
Edoardo non trascurò inoltre l'utenza assicurando, incluso nel prezzo di acquisto, anche due giorni di "scuola guida" e l'assistenza gratuita a domicilio del cliente, ovunque fosse, previo vitto ed alloggio ai meccanici.-
Il 27 marzo 1905 fu creata con rogito notar Federico Guasti la "Fabbrica di automobili e velocipedi Edoardo Bianchi & C." con capitale sociale di 800.000 lire.-
La nuova fisionomia aziendale portò alla nascita in via Paolo Frisi 44 della prima vera automobile.
Quanto sopra è riportato dall' amico Antonio Gentile nel suo pregevole volume "Edoardo Bianchi" edito da Giorgio Nada Editore nel '92, dal quale ci permettiamo di dissentire in parte.
Infatti noi crediamo che le vetture che la Bianchi costruì negli anni 1901/4 furono delle vere autovetture.
Non ravvisiamo la differenza fra queste e la 3,1/2 HP della FIAT (che pur è universalmente riconosciuta come autovettura) eppure quella era veramente una carrozza cui avevano staccati i cavalli! Grande soddisfazione la Casa ebbe anche dai motori marini che furono utilizzati dal Ministero della marina, dell' Esercito, dalla Croce Rossa e persino dal Ministero della Marina Russa.
Addirittura anche il Re fece montare sul motoscafo personale due motori Bianchi da 60 CV.-
Avvalendosi di uomini come Giuseppe Merosi, Tommaselli, Brambilla, Mayr, Franchini ed Alfieri Maserati la Bianchi trionfò in gare di altissimo prestigio e risonanza sia in Italia che all'estero.
Merosi aveva assecondato la volontà di Edoardo Bianchi progettando vetture sempre più lussuose e potenti. Giunsero a progettare addirittura un 11 litri di cilindrata.
Ma l'utenza chiedeva una vettura seria ed affidabile, ma che non si discostasse eccesivamente dai modelli FIAT e, meglio ancora, dai prezzi della Fiat.-
La sorte della Bianchi fu sempre di dover subire l'effetto trainante della Fiat, ma lo fece quasi sempre con successo.
Nel 1910/15 aveva in produzione tre tipi di vettura che dovevano fronteggiare l'invadenza Fiat.
Comunque quella che ha avuto maggior fisionomia di questa "guerra" commericiale è stata la "A" 2, il più piccolo dei tre modelli in poduzione, che con i suoi 2120 cc tenne abbastanza testa alla Fiat "0".
L'orientamentio della Bianchi fu quindi di standardizzare la produzione tentando addirittura di offrire un solo modello (il progetto non fu mai possibile realizzarlo in pieno stante il gusto "spumeggiante" degli italiani!).
Fu progettata quindi la serie "S" che doveva offrire un solo modello, in una sola tinta (grigioverde) ed anche il radiatore non doveva essere nichelato, ma verniciato in nero come per la tipo 15.
La casa si attrezzò con un reparto carrozzeria interno che offriva prodotti uguali secondo uno schema preciso.
Avendo fatta questa scela dovette abbandonare vetture già in progettate ed in produzione che erano veramente importanti ma costose ed tartassate dal fisco.
Negli anni del dopoguerra troviamo la tipo 15, 16 mentre le 18, ma sopratutto le 20 avevano fortuna all'estero.
Quando nel 1925 la Fiat presenta la 509 la Bianchi fu pronta a presentarsi allo scontro con la S/4 che era una vettura di 1300 cc e ripeteva lo schema dell'architettura del motore della tipo 18,
La S/4 manteneva il cambio staccato dal motore e solidale con il tubo di spinta con il quale oscillava.
Questa vettura ebbe lunga vita (fino al 1927) quando dovendosi aggiornare si trasformò in S/5 1300.
L' S/5 1300 in effetti era molto simile alla sua dante causa e fu una serie di transizione prima di passare alla S/5 1500 cc con carrozzerie interamente metalliche essendosi dotata la Bianchi di nuove superpresse.
Da notare che negli anni '20 anche la Bianchi fu vittima di quell'errore di marketing comune a tutte le case europee e costruì la S/8. Una grossa 8 cilindri che non trovò assolutamente spazii in Italia a causa del sistema di tassazione che adottava la formula cilindrata/numero-dei-cilindri. All'estero era stato difficilissimo l'ingresso della vettura a causa della caduta della Borsa di New Yorck e comunque non avrebbe trovato ugualmente molti spazi essendo il mercato intasato di vetture di tale genere.
Ma tornando alle S/5 notiamo un fenomeno strano.
Le Bianchi, vetture sempre affidabili, robuste, ma non sportive con la S/5 e poi con la S/9 hanno una ventata di sportività! Perciò quelle vetture sono state dotate di linea aereodinamicheggiante e ruote a raggi tangenti che erano caratteristica peculiare delle sportive
Da dire che le S/5 erano linea aggraziata ed anche nei modelli a tre luci (6 posti) non davano assolutamente l'idea di un ... "armadio".
L'ultima vettura prodotta dalla Bianchi fu la S/9.
Ormai le case automobilistiche italiane avevano assunto una propria fisionomia per cui avevano una precisa fascia di utenza.
La Bianchi si era ubicata a fianco della Lancia per l'accuratezza e l'affidabilità dei prodotti, ma in zona alquanto marginale.
Inoltre venne a trovarsi compressa da due grossi successi commerciali: la Augusta prima e l'Aprilia dopo.
Anche se era una vettura "onesta", carina dalla linea rotondeggiante, curata nei particolari (i raggi tangenti delle ruote erano addirittura cromati) essa soffrì terribilmente dalla rivalità dei due modelli Lancia.
Nel 1939 si era preparato il rilancio della S/9, ormai invecchiata, con una nuova versione ma ancora un volta una guerra alle porte ne bloccò la realizzazione.
La Bianchi, dichiarata "Stabilimento Ausiliario" fu subissata da commesse governative e messa sotto torchio per produrre biciclette, motociclette e camions per l'Esercito.
Da dire che gli autocarri Mediolanum e Cives sono stati la spina dorsale della motorizzazione militare.
Finita la guerra rimasero modelli base molto apprezzati dai trasporti civili.
Ancora una volta la Bianchi, finito il conflitto bellico, dovette rimboccarsi le maniche e tentare di ricostruire l'attività sia commercialmente ma anche materialmente i capannoni.
Edoardo Bianchi, ormai 80 enne, coadiuvato dal figlio Giuseppe seppe ricostruirla, ma sopratutto seppe mantenere all'azienda una impronta familiare.
Ed ancora una volta ( la storia si ripete! ) furono le biciclette (peraltro mai smessa la produzione) e le motociclette sopratutto leggere (chi non ricorda la mitica "Bianchina" 125 cc) a dare la volata alla ricostruzione.
Tuttavia il settore auto non fu in grado di risorgere. Per anni furono notati prototipi girare in prova sulle strade intorno agli stabilimenti, ma puntualmente non ebbero seguito. Si stava progettando una vettura simile alla Fiat 1400 che "duellasse" nell'atavica guerra Fiat-Bianchi, ma alla fine non se ne fece niente.
Intanto il mercato delle biciclette e delle moto andava immiserendosi dal momento che la Bianchi peccava di immobilismo e non reggeva l'avanzata delle nuove virulente fabbriche (MV, Mondial, Morini, Benelli) per cui la Bianchi tentò una avventura commerciale con le barche (il Katamar), ma non ebbe fortuna anche se poi il mercato esplose per dei costruttori americani.
Nel 1954 l'ing. Quintavalle riuscì ad interessare la Fiat e la Pirelli alle attività della Bianchi ed l' 11 gennaio 1955 si formò una nuova società con 3.000.000 di capitale: l' Autobianchi.-
La Bianchi vi partecipò al 33% apportando a basso valore gli stabilimenti di Desio, mentre quello di viale Abruzzi fu demolito.
Un successivo patto impose alla Bianchi di cessare l'attività di costruttore automobilistico.
Una serie di eventi, forse primo fra tutti la disaffezione dei dirigenti, portarono all'acquisizione del pacchetto di maggioranza da parte dell' IMI ed alla fine degli anni '70 alla cessazione ufficiale della Edoardo Bianchi.
La tempesta che travolse una Casa così antica portò alla dispersione di un ingente patrimonio storico.
In primo momento ciò che era stato recuperato giaceva in un edificio di via Mecenate, dopo se ne persero le tracce.
L'augurio che fanno gli studiosi e facciamo tutti gli appassionati è che qualcuno si sia impossessato del materiale ed un giorno, in qualche forma, possa tornare a disposizione dell'umanità dando modo di onorare a pieno "il genio meccanico ed imprenditoriale" del ragazzino del Martinitt: Edoardo Bianchi!
FONTE: SPAZIOTREMILA.IT
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